Il nostro amico Francesco ci ha fatto partecipi delle sue vicissitudini e della sua malattia, con un racconto di vita che ha vinto il premio letterario “Storie di recovery” a Bolzano.
La Comissione giudicatrice ha motivato così il premio:
La storia di Francesco è un’esperienza di malattia raccontata con un linguaggio crudo, talora colto e talora prolisso assolutamente originale. Il racconto sulle crisi sono momenti di dolore, di fallimento, di esperienza emotiva devastante e di annichilimento che l’autore riesce a far “sentire” al lettore. Francesco esprime una capacità letteraria che porta a condividere il peso e l’angoscia della malattia e la paura del cambiamento rappresentato dall’attraversamento del ponte tra malattia e Recovery. È questo un ponte tibetano, fa paura anche solo pensare di attraversarlo, ogni passo è incerto, si rischia sempre di inciampare, di ricadere giù! Bisogna imparare a credere di potercela fare! Francesco ha saputo attraversarlo e noi con lui, leggendo il suo scritto abbiamo trasformato l’angoscia in speranza e la speranza in progetto!
Ecco qui di seguito l’incipit del racconto di Francesco
Sono depresso.
Lo psicologo dice che così non funziona, che non mi do nessuna possibilità, nessun futuro.
Che il messaggio che trasmetto al mio cervello è una sentenza “definitiva”.
Diverso se penso “sono in un momento depressivo”; in questo caso il messaggio sottintende un inizio e prima o poi una fine.
Bene, allora facciamo che sono in un momento depressivo, un lungo momento depressivo.
Poi, un mattino qualsiasi di questo momento depressivo, apro gli occhi e subito arriva la nausea per essermi ancora una volta svegliato, per dover vivere ancora una volta un altro giorno e quando
finalmente riesco ad alzarmi, a guardarmi allo specchio, allora mando serenamente a fare in culo
psicologo e momento depressivo, lungamente depressivo.
Non è che non capisco il significato e la differenza, oramai ne sono consapevole, però quando ci vuole ci vuole.
Così sono qui con il mio bel momento depressivo, lo considero un ospite sgradito ma inevitabile e quindi sto cercando di capire come conviverci.
Sì perché le variabili sono tante, anche se la sostanza è sempre la stessa, infatti a volte è emotiva-mente depressivo, con la lacrima sempre pronta al tuffo a bordo naso.
Oppure profondamente depressivo: quando sei così giù che se ti sfiora l’idea che domani potrebbe essere ancora peggio ti strafoghi di tavor e ti metti in stand by.
Poi l’immancabile sessualmente depressivo:quando vorresti ma non puoi o potresti e non vuoi per-ché sei permaloso e, per consolarti, guardi nelle mutande per vedere uno che è più depresso di te. Nutrizionalmente depressivo: quando il frigo è vuoto e il massimo che ti senti di fare è cercare il pane secco dei cani ed essere felice che loro accettino di mangiare con te e così risolvi anche il tema ”solitudine”.
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Per continuare a leggere scarica il PDF del racconto la mia storia di recovery